Nell’ambito della VII edizione del Premio “Paolo Volponi”, martedì 23 novembre, alle ore 21 presso la Sala Castellani di Porto San Giorgio, presentazione del saggio critico La Repubblica delle Letteredi Antonio Tricomi(Quodlibet, 2010). Ne discutono con l’autore, Cesare Catà e Massimo Raffaeli.

Antonio Tricomi è critico letterario e cinematografico. Ha pubblicato, tra l’altro: Sull’opera mancata di Pasolini. Un autore irrisolto e il suo laboratorio (Carocci, Roma 2005); Pasolini: gesto e maniera (Rubbettino, Soveria Mannelli 2005); Il brogliaccio lasco dell’umanista. Cinema, cronaca, letteratura (Affinità Elettive, Ancona 2007). Insieme con Mario Pezzella, ha curato il volume I fantasmi del moderno. Temi e figure del cinema noir (Cattedrale, Ancona 2010).

Almeno in Italia, quello del progresso democratico pare ormai un progetto decaduto, né sembra più esistere un’autentica civiltà letteraria. E questa seconda implosione, se non è il meccanico risultato della prima eclissi, vi trova però qualche spiegazione e ne riflette diverse dinamiche. Ai nuovi cittadini, ai nuovi letterati, non resta forse che maneggiare i cocci ricevuti in eredità dai padri.
La Repubblica delle Lettere indaga quest’emergenza politica e culturale attraverso l’analisi delle opere di alcuni tra gli scrittori italiani più significativi del secondo Novecento e dei giorni nostri. Affinati, Balestrini, Bianciardi, Calvino, Celati, Eco, Pasolini, Saviano, Sciascia, Siti, Tondelli, Volponi: questi e altri autori, sono convocati per offrire al lettore frammenti di un’autobiografia della nazione che trova i suoi capitoli più recenti nel boom economico, nel ’68, nell’assassinio di Moro, nel nichilismo degli anni Ottanta, nella discesa in campo di Berlusconi. E anche di film come Buongiorno, notte, Gomorra, Il Divo, è messa in luce la capacità di rispecchiare il vuoto di prospettive che contraddistingue il presente.
Così, lasciando la parola a scrittori e cineasti per lui rilevanti, il trentacinquenne Tricomi ha costruito un romanzo di formazione sotto mentite spoglie e dal probabile significato generazionale, per alludere alle proprie incertezze di critico della cultura senza guide e senza punti di riferimento.

 

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